Lo spamming di un anno equivale alle emissioni di 3 milioni di autovetture
Dal primissimo entusiasmo per il calo generale dell’inquinamento a causa del lockdown, nel susseguirsi delle settimane sono molti gli analisti che hanno deciso di chiedersi quanto, effettivamente, anche il lavoro da casa non presentasse delle forme di emissione nocive per l’ambiente. Prima di tutto qualche dato: in epoca pre-covid l’osservatorio smartworking del Politecnico di Milano contava in Italia 590mila smart worker. A inizio maggio 2019 (ultimo dato disponibile) questo numero ha toccato invece gli 1,8 milioni. E questo solo per il settore privato.
Togliere pendolari dai treni, auto dalle strade, chiudere uffici, scuole limitare ogni sorta di spostamento:una mano santa per la sostenibilità. La rivista scientifica Nature ha riportato che le emissioni di CO2 nell’aprile scorso, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono diminuite del 17%, soprattutto per effetto della drastica riduzione della mobilità. Ma esiste un risvolto della medaglia: l’aumento dello smartworking, dell’e-commerce, e in generale di tutte le attività legata al web ( come l’onnipresente videoconferenza) hanno incrementato l’inquinamento da ‘fonte digitale’.
I big del settore pronti a usare le rinnovabili, ma c’è bisogno anche degli utenti per una vera transizione energetica sostenibile
E’ stato calcolato che ogni mail comporta l’immissione di 4 grammi di CO2 in atmosfera: cifra che aumenta sino a 50 grammi in presenza di un allegato. C’è chi ha pesato anche la carbon footprint dello spamming, che ogni anno equivale alla quantità di gas serra immessi in atmosfera da oltre 3 milioni di autovetture.
E con le previsioni di un aumento del traffico web (che solo nel lockdown ha fatto registrare una impennata del 50%) le cose non potranno che peggiorare.
Entro il 2023 (stime Cisco) ci saranno 5,3 miliardi di utenti e maggiore sarà la quantità di dati inviati, maggiori saranno le dimensioni delle infrastrutture necessarie: e questo significa maggiore utilizzo di energia da fonti fossili. È giunto il momento, anche per le piattaforme digitali, di pensare decisamente a una vera transizione energetica. Facebook, Apple e Microsoft oppure Google (che ha comprato enormi quantità di energia rinnovabile): i big sono già al lavoro per questo, ma c’è chi decide di puntare sugli utenti, educando ad un uso responsabile della rete.
Risponde a questo scopo la Green Web Foundation, che sviluppo metodologie per far funzionare internet solo con energie rinnovabili, consentendo agli utenti, tramite app, quando verde sia il browser utilizzato. Non resta, come in molte cose della vita, che affidarsi al buon senso: meno mail, allegati più leggeri, comunicazioni necessarie. Questo per essere green anche mentre si lavora