Prove di un futuro rinnovabile e sostenibile
Effetti collaterali, ma in senso positivo, determinati dal lockdown: calo delle emissioni di Co2 – secondo l’International Energy Agency, toccheranno a fine anno una riduzione mai vista dai tempi della seconda guerra mondiale, con un -8% medio di emissioni, sei volte quelle seguite alla crisi del 2009 – ed un test senza precedenti sulla tenuta delle reti elettriche nazionali. Compresa, ovviamente, quella del nostro Paese.
Per cause di forza maggiore sono stati rispettati gli accordi di Parigi offrendo la misura di quanto anche le reti elettriche e le rinnovabili rappresentino ormai due fattori in grado di coesistere e valorizzarsi vicendevolmente in nome della sostenibilità. E scopriamo subito perché: il drastico calo della richiesta di elettricità, a seguito della chiusura di industrie e terziario, accoppiato alla stagione primaverile, che vede in genere la maggiore produzione da eolico e solare combinati, e unito alla precedenza della immissione in rete che hanno le rinnovabili sulle altre fonti elettriche, ha fatto sì che si siano raggiunte, o superate, in molte nazioni le quote di elettricità verde nel mix elettrico previste per il 2030.
Per esempio in Gran Bretagna, fra aprile e maggio, solare ed eolico hanno fornito per molti giorni il 50-60% dell’elettricità, in Irlanda si sono toccati, con il solo eolico, livelli del 70%, e negli stessi mesi in Germania sole e vento hanno coperto circa il 45% della produzione.
Vediamo, tramite Terna – gestore della rete elettrica nazionale – come si è comportata l’Italia. A spiegarlo al quotidiano QualEnergia è stato nei giorni scorsi il responsabile Strategie, Sviluppo e Dispacciamento della società, Giacomo Donnini: “In aprile e maggio si sono verificati periodi, durante certi giorni molto soleggiati e ventosi, con la domanda ai minimi a causa della quarantena, in cui le rinnovabili hanno coperto oltre il 60% della domanda elettrica, con punte in certe ore al 90%. In quei casi oltre a tenere al minimo alcune centrali termiche, che non si possono comunque spegnere, perché costituiscono una riserva da tenere sempre pronta in caso di imprevisti, abbiamo ridotto la capacità di trasporto disponibile per l’import dall’estero. Inoltre, nei momenti con la generazione più intensa da rinnovabili, abbiamo usato i pompaggi idroelettrici per accumulare la produzione in eccesso”.
Non si ravvisano problemi nel passare dall’attuale 35% circa di produzione elettrica da rinnovabili, a quel 55% stabilito nel Piano nazionale energia e clima per il 2030.
Spiega ancora Donnini: “Nessun problema, a patto, naturalmente, che si continui l’adeguamento della rete, seguendo tre principali linee: aumentare l’interconnessione con l’estero, per compensare con import-export le oscillazioni delle rinnovabili, migliorare l’interconnessione interna, così da spostare l’energia fra sud, nord e isole per inseguire la domanda, e aumentare di molto la capacità di accumulo, sia con il pompaggio idroelettrico al sud, che oggi è concentrato quasi tutto a nord, che con le batterie”.
Dunque sulla rete e sulla transizione energetica, l’avvento del Covid ha avuto effetti positivi, tracciando una possibile traiettoria per l’energia sostenibile del prossimo futuro.