Controllare i droni con la mente – Sciami di droni. Il cervello umano ha potenzialità infinite, un ricercatore americano del Human-Oriented Robotics and Control Lab dell’Università dell’Arizona, ha messo a punto alcuni studi riguardanti la possibilità di controllare dei droni con il cervello umano (drone). Il sistema è costituito da 128 elettrodi che elaborano l’attività celebrale e inviano i segnali ad un sistema di acquisizione e gestione dati che comunica con il drone affinché possa muoversi in accordo con il pensiero umano. Il progetto biennale è stato finanziato dalla Defense Advanced Research Projects Agency del Dipartimento statunitense della Difesa e dell’Aeronautica Militare.
Il controllo degli sciami di droni
Le modalità di controllo telepatico è un argomento da sempre di notevole interesse per la comunità scientifica (e fantascientifica). Negli ultimi anni ci sono stati molti esperimenti e studi che hanno perfezionato la tecnologia. Alcuni ricercatori dell’università di Washington sono stati in grado di inviare segnali celebrali di una persona attraverso Internet, per poi gestirli al fine di controllare a distanza dei robot situati da un’altra parte del mondo. L’obiettivo dei ricercatori dell’Human-Oriented Robotics and Control Lab è quello di decodificare l’attività di controllo dei droni per mezzo di variabili celebrali (cfr. video). Ogni parte del cervello risponde al pensiero in maniera controllata, se l’utente sta pensando di diminuire la coesione tra i loro droni per esempio, la decodifica dei segnali celebrali permetterà di analizzare questo evento. Una apposita interfaccia software/hardware avrà l’obiettivo di trasmettere via wireless il pensiero decodificato ai droni. Per farli muovere, il controllore guarda su un monitor, pensa e raffigura i droni che svolgono vari compiti.
La concentrazione è fondamentale, la fatica e lo stress possono anche svolgere dei compiti in termini di disturbo nel controllo dei droni (Video 1). Ogni soggetto controllore necessita di una calibrazione dei propri dati celebrali, poiché i segnali cambiano di giorno in giorno. In primo luogo, si sono studiati gli schemi cerebrali registrando i vari pensieri relativi ai movimenti dei droni, definendo così un algoritmo di decodifica. Il passo successivo di questa ricerca dell’Università dell’Arizona sarà il controllo di sciami di droni per l’esecuzione di operazioni complesse, come ad esempio le missioni di ricerca e salvataggio. Gli elettrodi all’interno della calotta cranica consentono di rilevare l’intenzione del movimento e trasmettere i dati celebrali ad un sistema di controllo.
Il controllo dei robot e droni
L’interfaccia cervello-macchina utilizza sensori per elettroencefalografia (EEG) e di spettroscopia nel vicino infrarosso al posto di elettrodi impiantati chirurgicamente. Questo rappresenta una soluzione decisamente molto meno invasiva dei primi prototipi. In generale, le interfacce cervello-computer (BCI) sono di due tipi: tecniche non invasive che utilizzano elettrodi posti sul cuoio capelluto per misurare l’attività elettrica; e tecniche invasive con elettrodi impiantati direttamente nel cervello. In entrambi i casi, i dispositivi interagiscono con un computer per produrre una vasta gamma di applicazioni futuristiche. I droni trovano il loro impiego e successo in molti campi dell’industria, creazione video e servizio consegna. Con questo nuovo studio, i droni sono stati controllati non tramite dispositivi di controllo a distanza convenzionali come joystick e pulsanti, ma con interfacce cervello-computer.
Questa tecnologia può sembrare roba da fantascienza, ma in realtà già da decenni è in corso d’opera lo sviluppo tecnico. La tecnologia elettroencefalografia (EEG) può essere fatta risalire al 1920, ma solo da poco tempo abbiamo trovato un modo per utilizzare i neurofeedback per controllare i dispositivi elettronici. Al giorno d’oggi, siamo in grado di utilizzare le interfacce cervello-computer (BCI) per controllare (quasi) tutto, dalla protesi, ai bracci robotici, automobili, e anche le cose semplici come il cursore del computer. Per le persone affette da disabilità motoria, la tecnologia potrebbe offrire una reale indipendenza. La robotica controllata per mezzo del pensiero potrebbe offrire un nuovo tipo di libertà. I ricercatori stanno già utilizzando le interfacce cervello-computer per aiutare i disabili, il trattamento di malattie come il Parkinson e l’Alzheimer, e fornire la terapia per la depressione e disturbo post-traumatico da stress. In futuro, Unmanned Aerial Vehicles (UAV) o più semplicemente droni, potranno essere coordinati da input direttamente inviati dal cervello umano. Una tecnologia di sensori e sistemi di controllo wireless per avere nella propria mente il proprio drone, un po’ come nel film Avatar. Oggigiorno il controllo della mente ha assunto un ruolo abbastanza interessante, dalla possibilità di impiantare false esperienze, alla possibilità di controllare robot a distanza. Pro e contro si sovrappongono dalle possibili applicazioni nel campo medico e ai vari impieghi in quello militare.
L’utilizzo degli Sciami di droni oggi e attuali utilizzi.
Quest’anno sono già decollato i primi sciami di droni capaci di volare in formazione stretta senza incidenti: il segreto è in una sorta di ‘cappello a cilindro’ virtuale ‘indossato’ da ciascun robot per segnalare lo spazio vitale che non deve essere invaso dai compagni, in modo da evitare scontri e pericolose turbolenze d’aria. I nostri cieli saranno sempre più congestionati da macchine autonome, usate per le consegne così come per l’agricoltura, la ricerca e il soccorso, spiega il coordinatore del progetto.
Per molto tempo i robot di terra hanno avuto delle “capsule” di sicurezza integrate per evitare scontri. I droni aerei devono prevedere una regione cilindrica dello spazio che risulti inviolabile affinché non si generino reciprocamente delle turbolenze. I droni sono dotati anche di algoritmi che consentono di cambiare l’assetto della formazione durante il volo con un numero minimo di manovre.
Sciame di droni, test in Georgia mostra come evitare collisioni
L’idea di far volare i droni in formazioni complesse composte da un gran numero di unità, è da tempo in sviluppo a livello militare, tuttavia il più grande problema da risolvere, pare essere quello legato alle collisioni tra i multicottteri. Nel video che vi proporremo a breve, vi mostriamo come uno studente universitario del Georgia Tech’s Institute for Robotics and Intelligent Machines, Li Wang, sia riuscito a stabilire dei criteri sicuri che consentano il volo in sciame di un numero elevato di multicotteri. Wang ha cercato in primis di calcolare la distanza minima in grado di scongiurare eventuali turbolenze d’aria tra i droni, giungendo alla conclusione che questo valore debba essere almeno di 5 volte rispetto alla misura del diametro delle eliche in rotazione.