A Gennaio 2017 l’inflazione dell’Eurozona raggiunge una crescita dell’1,8%, con un balzo notevole rispetto al +1,1% fatto registrare a Dicembre 2016.
Come i dati macroeconomici dell’Eurozona possono influenzare le capacità competitive del comparto industriale in Italia. Di Giorgio Mottironi – Chief Strategic Officer AVVENIA – (grafici e fonte dati “Il Sole 24 ORE”)
A Gennaio 2017 l’inflazione dell’Eurozona raggiunge una crescita dell’1,8%, con un balzo notevole rispetto al +1,1% fatto registrare a Dicembre 2016. Il repentino aumento è dovuto ad un +8% fatto segnare dai prezzi dei servizi e prodotti legato al mondo della commodity, ovvero all’energia, probabilmente spinto dalla crisi del carbone e dalla voluta contrazione (lato offerta) del mercato del petrolio.
Un già forte balzo si era registrato tra Novembre e Dicembre 2016 (grafico INFODATA a dx) con un passaggio dallo 0,6% dell’1,2%. Il passaggio all’1,8% segna un ulteriore forte incremento ma lineare con quanto già accaduto il mese prima.
Il dato generale va quindi nella direzione degli obiettivi programmati per l’area Euro, mentre l’inflazione di base, calcolata escludendo proprio la voce “energia” e quella dei beni “alimentari”, rimane allo 0,9%.
Non poche polemiche si produrranno dal dibattito tra i vari Stati pro o contro la politica di Quantitative Easing operata dalla BCE; tale meccanismo di garanzia per la tutela contro la speculazione sui titoli di Stato dei Paesi più deboli e per l’immissione in circolazione di denaro a più basso costo (il cui effetto deve essere proprio quello di creare inflazione), si dovrebbe interrompere proprio al raggiungimento del valore di inflazione ritenuto garante per la crescita di tutta la UE, ovvero 1,9%.
Gli effetti sulla competitività.
Ma al di là delle considerazioni sulla politica economica generale, una cosa su tutte, deve essere messa in luce, ovvero gli effetti sulla competitività a breve e lungo termine delle aziende, in particolare quelle Italiane.
Partiamo dalla conseguenza più immediata. Per chi non avesse programmato degli acquisti di energia con i propri fornitori con una parte o l’interno prezzo tutelato da un “fisso”, il +8% fatto segnare dalla commodities, significa un aumento dei costi produttivi; il dato di performance energetica generale di un’azienda, nonché di un sistema Paese, è dato dal rapporto tra la quantità di energia, necessaria per la produzione di un determinato quantitativo di beni o servizi, e quel determinato quantitativo. L’aumento del costo dell’energia renderebbe, renderà, meno conveniente la produzione del bene.
Aziende già virtuose, ovvero aziende che hanno già avviato un percorso di efficientamento, quindi razionalizzazione, dei consumi potranno limitare gli effetti negativi a quella quota di energia incrementale che potrebbero richiedere al fornitore in caso di necessari aumenti della produzione. Il secondo indice fondamentale per individuare la competitività di un determinato bene o servizio è di tipo incrementale, e ci dice quanto potrebbe costare lo sforzo per aumentare di un’unità la produzione di quel determinato bene o servizio. Il costo dei volumi aggiuntivi di energia risentirà forse più dell’+8%, probabilmente andando ad assorbire quanto “perso” dal fornitore nella vendita della componente a “prezzo fisso e programmato” – dato che da anni gli studi delle società di commodities prevedono prezzi sempre più in diminuzione in virtù delle dinamiche di domande/offerta e delle non considerate/previste evoluzioni socio-politiche delle relazioni tra i paesi OPEC ed extra-OPEC -.
Sia quindi il dato di competitività legato alle condizioni più o meno favorevoli di un Paese a produrre, sia il dato legato alla possibilità del Paese di soddisfare ulteriore domanda, saranno influenzati dal forte rialzo dei prezzi di beni e servizi legati all’energia.
Ma, mentre in alcuni Stati dell’UE l’aumento del costo della componente energetica si accompagna ad una già solida e comparabile inflazione di base, e quindi le aziende potrebbero recuperare le perdita con la crescita del prezzo di vendita del bene/servizio sul mercato – in Germania ad esempio l’inflazione è già all’1,7% già da Dicembre 2016 (grafico INFODATA a dx) -, in Italia la situazione è decisamente più preoccupante.
Il dato Italiano, parla infatti di un’inflazione allo 0,5% a Dicembre 2016. La crescita dei costi di produzione non è quindi assorbibile dal mercato, che cresce ad una velocità decisamente inferiore.
L’efficienza energetica e la sua capacità di individuare quanto necessario per minimizzare gli effetti di fattori di mercato non controllabili, ed a volte non prevedibili dalle aziende, soprattutto per quelle Italiane sarà quindi ancor più importante. Capire come si utilizza l’energia al proprio interno, permette di massimizzarne lo sfruttamento ai fini produttivi.
Un’ultima considerazione va fatta in vista della probabilmente prossima interruzione della politica di Quantitative Easing da parte della BCE, allo stabilizzarsi di tali valori di crescita dell’inflazione, ad oggi legati ad un solo mese di persistenza. Il primo effetto sarà un rialzo dei tassi legati ai prestiti ed ai finanziamenti. Per le aziende sarà quindi ancor più importante avere un partner affidabile e capace nel poter reperire le risorse necessarie alla realizzazione di progetti o implementazione di soluzioni per l’efficienza energetica.
Già oggi, spesso, le aziende non accedono a soluzioni di efficientamento per mancanza di risorse, anche e soprattutto economiche, da potersi dedicare agli investimenti, anche necessari.